La curatela è un gesto di cura.
La direzione artistica del festival nasce dall’idea che la fotografia non sia soltanto ciò che si mostra, ma ciò che mette in relazione. Curare significa creare uno spazio in cui l’immagine non viene giudicata o esibita, ma accompagnata: accolta nel suo processo, nel suo respiro, nella sua capacità di generare incontro.
In questo festival la curatela non è selezione dall’alto, ma ascolto profondo. È il tempo che si dedica alla presenza dell’altro: alla sua storia, al suo sguardo, al senso che l’immagine porta con sé prima ancora di diventare opera.
Dare forma allo sguardo significa accogliere l’incontro. Per questo il percorso curatoriale non parte dall’estetica, ma dall’esperienza: da ciò che la fotografia lascia nelle persone, da ciò che diventa memoria condivisa. Un lavoro di relazione più che di cornice, di prossimità più che di distanza.
Ogni artista è invitato non solo a esporre, ma ad abitare il festival: a entrare in dialogo con chi guarda, con la città, con il tempo del vissuto. Il pubblico non è spettatore, ma parte del processo: incontra, attraversa, restituisce.
La direzione artistica diventa così un laboratorio di incontri, un luogo dove la fotografia non viene mostrata per essere vista, ma per essere vissuta. Ciò che costruisce valore non è l’immagine in sé, ma ciò che nasce attorno ad essa: la relazione che resta.